L’ Ordine di Santa Maria della Mercede è un ordine religioso fondato da San Pietro Nolasco (1180-1258). Nei primi venti anni di vita Pietro, avendo nei suoi viaggi visto la condizione di molti schiavi cristiani, si dedicò, con alcuni compagni, alla liberazione di quei fratelli oppressi. Questo gruppo iniziale di compagni era formato unicamente da giovani laici. Dopo quindici anni passati nel realizzare questa opera di misericordia, Pietro e i suoi amici costatarono che il numero di schiavi cristiani aumentava. Nella notte del 1 agosto 1218 Pietro ebbe una visione della Vergine Maria e decise di riunire i suoi compagni in un Ordine religioso. Dalla fine del XII secolo il metodo più comune per dare la libertà agli schiavi cristiani fu la redenzione, che consisteva nel pagare un riscatto al padrone dello schiavo. La somma dipendeva dall’età, dall’importanza sociale, dalle condizioni economiche e fisiche dei riscattandi. I fondi erano ottenuti con le elemosine che raccoglievano i religiosi e i laici, gli “operai della redenzione”. Non mancavano i contributi di famiglie benestanti, specialmente quando si trattava di dare la libertà a qualcuno dei loro cari. Se le somme raccolte non erano sufficienti per redimere qualche cristiano che era in pericolo di rinnegare la fede, pur di ottenerne la libertà, uno dei redentori restava in pegno al posto dello schiavo. Nei primi 130 anni della storia dell’Ordine le redenzioni furono annuali, poi meno frequenti. Furono circa 52.000 gli schiavi riscattati attraverso l’esborso di enormi somme di denaro ai padroni musulmani. Le redenzioni venivano preparate nei minimi particolari. La partenza era preceduta da una cerimonia liturgica ed una volta terminata la redenzione si celebrava un atto di ringraziamento al Signore. Innumerevoli i Mercedari che morirono durante l’esercizio della loro missione. L’Ordine nel corso degli anni fece fronte a continui bisogni, sviluppando un’organizzazione capillare in molte città del Mar Mediterraneo. Oggi, l’Ordine è impegnato nella liberazione dalle nuove forme di schiavitù spirituale, psicologica, economica e sociale. Svolge la sua attività:
– nelle carceri, con iniziative di prevenzione o di sostituzione al carcere e di aiuto post-carcerario;
– nell’impegno per i rifugiati, i bambini e i giovani emarginati, i perseguitati, in modo particolare per coloro che non possono esprimere in libertà la loro fede;
– nella evangelizzazione missionaria per realizzare la liberazione dalle nuove forme di schiavitù economica e culturale che si manifestano nei cd. “paesi in via di sviluppo”;
– nella cura delle parrocchie, specialmente nelle zone di maggiore emarginazione.